giovedì 27 giugno 2013

Futurismo e Dada


Manifesto interventista ( Carrà)


Ruota di Bicicletta ( Duchamp)


In Storia dell'arte ho scelto di collegarmi con le Avanguardie, perchè sono le nuove correnti del Novecento in cui il tema della provocazione è molto forte e caratteristico. Gli stessi artisti sono dei veri e propri provocatori, si ribellano a ciò che succede intorno a loro e lo fanno tramite l'arte. Tra tutte le avanguardie sorte dal 1900 in poi ho deciso di soffermarmi maggiormente sul Futurismo e sul Dada. Queste sono a mio parere quelle in cui la provocazione è maggiormente evidente, nonostante in ognuna di esse quello della provocazione è un filo conduttore.
Il Futurismo è il movimento d’avanguardia con maggiore carica eversiva. Inizia nel 1909 con la pubblicazione del Manifesto del Futurismo, redatto da Filippo Tommaso Marinetti sul giornale francese Le Figaro. Il Futurismo, rifiutando tutto ciò che rappresenta il passato e la cultura tradizionale, lancia la sfida a un rinnovamento totale sia nelle arti sia nella vita sociale e politica. Questo rinnovamento deve avvenire in sintonia con le innovazioni portate dalla civiltà industriale, dominata dalle macchine e dai miti della velocità e del progresso. Il nuovo movimento incontra un notevole successo, specialmente in occasione delle serate futuriste, nelle quali il pubblico è provocato attraverso manifestazioni che si prendono gioco delle convenzioni borghesi ed i valori dei quell’epoca. I futuristi sono molto anticonformisti e disponibili al nuovo, per cui cercano lo sperimentalismo in tutti i campi . Al centro dell’interesse dei futuristi sta la rappresentazione del movimento, l’espressione della dimensione temporale. I dipinti futuristi infatti, caratterizzati da un forte vitalismo coloristico e luminoso, danno molta importanza alla rappresentazione del dinamismo e della velocità. I temi scelti sono sempre contemporanei, urbani, provocatori. A livello politico i futuristi sono artisti impegnati e favorevoli all’intervento italiano nella prima guerra mondiale. Ad essi manca però una vera coscienza politica e, mentre alcuni sono fascisti, altri preferiscono l’anarchia. I maggiori esponenti sono: Carlo Carrà, Umberto Boccioni, Gino Severini, Giacomo Balla, Luigi Russolo. Nel gruppo manca omogeneità. Nel 1914 a Firenze i futuristi si avvicinano ai letterati del periodico La voce e danno vita insieme al periodico Lacerba, che permise la  diffusione di questa corrente  fino al suo sfaldamento, dopo la grande guerra.
Il Dada invece nasce a Zurigo nel 1916, quando alcuni poeti (come Tristian Tzara), scrittori ed artisti (come Hans Arp, Marcel Janco, Hugo Ball)  fondano il Cabaret Voltaire, circolo letterario ed artistico privo di programma, ma inteso ad ironizzare e demistificare tutti i valori costituiti della cultura passata, presente e futura. Nel loro Manifesto si legge: Noi non riconosciamo alcuna teoria. Basta con le Accademie cubiste e futuriste, laboratori di idee formali. Anche il nome Dada è casuale (loro stessi lo definiscono puro capriccio di follia sorto dal nulla) ed essi lo ricavano aprendo a caso il dizionario.Le manifestazioni del gruppo dadaista sono volutamente disordinate, sconcertanti, scandalistichee provocatorie: la prassi è simile a quella del Futurismo e delle avanguardie, solo che nel caso del Dada si tratta di un’avanguardia negativa, perché non vuole instaurare un nuovo rapporto, ma vuole dimostrare l’impossibilità di un qualsiasi rapporto tra l’arte e la società. Un movimento artistico che neghi l’arte è un controsenso: il Dada è questo controsenso. Il Dada infatti non vuole produrre opere d’arte, ma “prodursi” in interventi a catena, deliberatamente imprevedibili, insensati, assurdi. La teorizzazione del caso, dell’imprevisto, la spontaneità caotica della produzione divengono così un linguaggio, che nega le forme dell’arte accademica.La prima guerra mondiale avrebbe ben presto scosso gli animi di artisti ed intellettuali, i Dadaisti prendono come posizione quella di considerare falsa la direzione di marcia presa dalla civiltà e la guerra come conseguenza logica del progresso scientifico e tecnologico: bisogna allora negare tutta la storia passata e ogni progetto per quella futura, ritornare al punto zero. Questa tesi è il primo annuncio di quella contestazione globale, che dopo la seconda guerra mondiale si manifesterà ovunque, come volontà di rimuovere tutte le “censure” razionali e liberare la società dai valori istituzionalizzati (potere ed autorità). Per rispondere alla loro esigenza di indipendenza, i dadaisti superano effettivamente le avanguardie e ne decretano la morte liberatoria. Essi non creano, ma fabbricano gli oggetti; rifiutano il decorativismo e le tecniche artistiche convenzionali, per sperimentare materiali e strumenti inconsueti nell’ambito artistico (colla, forbici, tela di sacco, carta…) e per privilegiare tecniche nuove come il collage (già inventato dai Cubisti), le “macchine inutili”, il ready-made. Quest’ultimo è tipico di Duchamp, che presenta oggetti qualsiasi come fossero opere d’arte e separa gli oggetti dal contesto per loro abituale e in cui adempiono una funzione pratica, ponendoli in una dimensione dove tutto può essere estetico e nulla utilitario (l’arte). Ciò che determina il valore estetico non è più un procedimento tecnico, un lavoro, ma una diversa disposizione mentale nei confronti della realtà. Inoltre i dadaisti non esitano a servirsi di materiali e tecniche proprie della produzione industriale (fotografia, cinematografo). E’ proprio uno di loro, Hausmann, ad inventare il fotomontaggio, considerato un mosaico moderno, adatto ad esprimere le contraddizioni del mondo contemporaneo. Inoltre i Dadaisti colpiscono i valori indiscussi, generalmente accettati: Duchamp, ad esempio, mette i baffi alla Gioconda di Leonardo non per sfregiare un capolavoro, ma per contestare la venerazione che gli è stata data dall’opinione comune.
Nel 1922 il movimento va esaurendosi, anche se le idee da esso seminate in tutto il mondo continuano a svilupparsi. Tra i maggiori esponenti del Dada: Hans Arp a Zurigo, Marcel Duchamp, Francis Picabia e Man Ray a New York, Raoul Hausmann e Hannah Hoch a Berlino, Kurt Schwitters ad Hannover.





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